La nuova frontiera della storia pubblica
Il rapporto tra storia e strumenti di comunicazione audiovisivi sta assumendo una rilevanza sempre maggiore nel dibattito culturale perché ormai da tempo, e con crescente impegno, istituzioni e professionisti della comunicazione, storici e archivisti, studiosi del sistema dei media e intellettuali, hanno individuato questa relazione come un mezzo di analisi e di comprensione del presente. Di questo tema si è discusso alle Galleria d’Italia a Milano, il 27 e il 28 marzo 2019, nel convegno “La Storia pubblica. Memoria, fonti audiovisive e archivi digitali”, promosso da Intesa Sanpaolo e curato da Aldo Grasso, direttore scientifico Ce.R.T.A. – Centro di Ricerca sulla Televisione e l’Audiovisivo ed editorialista del Corriere della Sera.
Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, ha ricordato l’impegno della banca con il Progetto Cultura e ha sottolineato che “la domanda centrale, in un periodo in cui si parla di ‘bisogno di storia’, di ‘uso pubblico della storia’ e del rapporto attivo fra Storia e Memoria, si appunta su cosa sanno offrire in concreto i nuovi mezzi di comunicazione (agli storici, ma anche al suo pubblico) e su cosa si può chiedere loro di offrire”. Bazoli ha invitato anche a recuperare progetto Encyclomedia di Umberto Eco, con i suoi 3mila saggi sulla storia della civiltà europea. Un invito raccolto da Stefano Lucchini, direttore Rapporti istituzionali e Relazioni Esterne di Intesa Sanpaolo, che nel suo saluto ha affermato come il legame tra memoria, identità e reputazione siano fondamentali per un grande gruppo bancario.
Aldo Grasso, che ha guidato i due giorni di dibattito, ha introdotto i lavori illustrando il rinnovato interesse della relazione tra media e storia (“la televisione come un grande libro di storia”), mentre Paolo Mieli, storico e giornalista, curatore e conduttore di programmi di divulgazione storica sulle reti Rai, ha ricostruito il rapporto tra la tv, in particolare la Rai, e la storia, a partire dagli sceneggiati prodotti tra il 1959 e il 1964 (“Ottocento”, “I giacobini”, “I grandi camaleonti”), giudicati episodi “fondamentali per la formazione storica degli italiani”, per arrivare alle trasmissioni curate da Gianni Bisiach, Sergio Zavoli, Arrigo Petacco e al programma ‘Nascita di una dittatura’ di Sergio Zavoli, fino alle serate in cui Beniamino Placido, con un linguaggio originale, giocato sugli “alti” e i “bassi” della vita del protagonista, tratteggiava i ritratti di grandi personaggi storici. Mieli ha parlato delle esperienze americane come i programmi Holocaust e Radici, che sconvolsero l’opinione pubblica aprendo la strada alla nascita dei canali interamente dedicati alla storia. Per la digitalizzazione dell’enorme materiale storico delle tv, Mieli ha evidenziato il rischio di creare un immenso archivio senza esperti navigatori, “un archivio senza archivisti”.
La memoria e la storia nell’Età di Internet è stato il tema centrale del contributo di Jérome Bourdon, dell’Università di Tel Aviv, uno dei più importanti specialisti internazionali di media. Bourdon ha sviluppato il suo intervento sulla critica della memoria, sulla relazione tra memoria e le diverse tecnologie (“l’illusione di avere tutto online per sempre”), raccomandando tra l’altro di “inseguire la storia dell’assenza: cosa non c’è e perché”. La storica Silvia Salvatici dell’Università Statale di Milano ha spiegato, tra l’altro, come diventi interessante capire quanto il mutamento delle modalità di fruizione (sempre più individuale con gli smartphone) influenzi la storia sociale della televisione e della famiglia italiana. Salvatici, infine, è convinta che la riflessione sulla memoria possa contribuire a sviluppare un’identità nazionale, che senza rigidità, possa essere articolata e complessa, e riesca a contenere forme e modi diversi di ricordo e oblio. Serge Noiret dello European University Institute ha raccontato l’evoluzione della Storia pubblica, meglio Public History come è conosciuta a livello internazionale, che si basa sul principio di una storia che vive il presente e che, secondo Noiret, dovrebbe essere aperta anche ai “non storici”. A proposito di Public History, Paolo Pezzino dell’Università di Pisa e presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, ha raccontato la sua esperienza personale di storico chiamato a ricostruire il caso di una strage nazista in provincia di Pisa, sollecitato dalla popolazione che voleva conoscere chi avesse sparato per primo, un partigiano o i tedeschi. Successivamente è seguita una tavola rotonda sulla politica editoriale dei network, con Laura Carafoli, Chief Content Officer Discovery Southern Europe, Simone D’Amelio Bonelli, Content and Creative Director A+E Networks Italia, Marco Paolini, Direttore Generale Palinsesto e Distribuzione Mediaset, Giuseppe De Bellis, Direttore Sky Tg24, Andrea Salerno, Direttore di LA7 e La7d, Gian Paolo Tagliavia, Chief Digital Officer Rai e Chief Executive Officer Rai Pubblicità.
Il secondo giorno è stato dedicato ad una riflessione sulla funzione degli archivi audiovisivi digitali, con interventi, tra gli altri, di Guido Guerzoni, dell’Università Luigi Bocconi, di Agostino Giovagnoli, Massimo Scaglioni e Anna Sfardini dell’Università Cattolica di Milano e una tavola rotonda con i principali responsabili di archivi e istituzioni museali e storiche, tra cui Barbara Costa, Responsabile Archivio storico Intesa Sanpaolo e Sergio Toffetti, Presidente Museo del Cinema di Torino. Ormai da moltissimi anni gli storici hanno sentito la necessità di allargare ai media e ai loro prodotti l’attenzione riservata per le fonti. Il valore culturale delle fonti audiovisive, anche televisive, oltre a essere ribadito dai diversi linguaggi con cui la tv e i mezzi audiovisivi costruiscono una memoria condivisa, trova oggi nuove modalità di espressione attraverso le tecnologie più innovative e recenti e nei processi di digitalizzazione che stanno investendo gli archivi in termini di conservazione, circolazione e fruizione dei materiali.
Una riflessione particolare è stata dedicata al mondo degli archivi. Non esistendo una statistica ufficiale sul loro numero totale, informazioni quantitative sul panorama archivistico nazionale possono essere desunte dalla collezione delle diverse informazioni disponibili sulle differenti tipologie di archivi istituzionali, un computo che esclude gli archivi personali non vincolati e/o vigilati dalle Soprintendenze archivistiche. I numeri sono rilevanti:
100 sedi degli Archivi di Stato, cui si aggiungono 33 Sezioni staccate e l’Archivio centrale dello Stato. Gli Archivi di Stato sono presenti in ogni città capoluogo di provincia, mentre le Sezioni sono presenti in 33 città non capoluoghi di provincia,
224 archivi di enti pubblici territoriali, di cui 8.100 dei Comuni,
800 archivi privati Vigilati (persone fisiche e persone giuridiche private, archivi familiari, imprese partiti politici, etc.) e altre centinaia di archivi di altri enti universitari o non pubblici.
L’unità di misura, il chilometro lineare, fornisce una prima impressionante idea della loro straordinaria consistenza: nei soli Archivi di Stato, che possiedono una porzione minima del patrimonio archivistico nazionale, esistono 1.300 chilometri di documenti, la lunghezza dell’Italia. La salvaguardia degli archivi fotografici del ventesimo secolo, inoltre, riveste un’importanza strategica che va al di là della loro dimensione patrimoniale o culturale, in quanto investe la tutela delle fonti – e del pluralismo interpretativo – della storia recente del nostro paese, la definizione di nuove politiche di conservazione, gestione e valorizzazione dei beni culturali novecenteschi, la riflessione sulla funzione didattica che tali fonti svolgeranno nell’immediato futuro. Si tratta di un patrimonio di dimensioni molto ampie: le valutazioni più prudenziali stimano l’esistenza in Italia di circa 6.000 archivi fotografici, variamente distribuiti tra archivi pubblici, privati, editoriali e aziendali; di questi, quelli che hanno intrapreso processi di digitalizzazione, spesso parziali, sono circa 500, a fronte di consistenze di centinaia di milioni di positivi e negativi, in larghissima misura inedite.
Marzo 2019