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Italia: meglio del previsto la fiducia a maggio

Italia: meglio del previsto la fiducia a maggio

In Italia, sia il morale delle famiglie che l’indice composito di fiducia delle imprese sono aumentati a maggio, mentre la fiducia delle aziende manifatturiere è peggiorata ancora (in misura moderata).

Il morale delle famiglie è rimbalzato a 102,7 da 100 ad aprile, ma resta lontano dal recuperare il calo registrato all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina (a febbraio l’indice si attestava a 112,4). Tutte le principali componenti dell’indagine hanno mostrato un recupero rispetto ai livelli del mese scorso, in particolare il clima economico nazionale (in maggior misura rispetto alla situazione personale degli intervistati) e la situazione attuale (più che le aspettative per il futuro). I timori di disoccupazione sono diminuiti (il mercato del lavoro non sembra essere influenzato dalla guerra, per ora). Tuttavia, la situazione economica prevista del Paese è ulteriormente peggiorata, e i giudizi sulla situazione finanziaria delle famiglie non sono affatto migliorati. Le opportunità attuali di risparmio sono aumentate, ma le aspettative sui risparmi futuri sono scese ulteriormente (ai minimi da luglio 2017). L’inflazione attesa per i prossimi 12 mesi è calata leggermente (a 71,3 da 73 di aprile), ma l’inflazione corrente ha toccato un nuovo record storico a 110,6 da 97,6 precedente.

Anche l’indice composito Istat del clima di fiducia delle imprese è rimbalzato a maggio, a 110,9 da 108,4 di aprile, tornando circa in linea con il livello precedente la guerra (l’indice si attestava a 111 a febbraio). A partire da questo mese, la serie storica è stata rivista, in quanto l'indice è ora calcolato come media aritmetica ponderata degli indici (posti pari a 100 nel 2010) dei climi di fiducia settoriali (imprese manifatturiere, delle costruzioni, dei servizi e del commercio al dettaglio). Come ampiamente previsto, il recupero di maggio è dovuto ai servizi e al commercio al dettaglio (rispettivamente a 103,6 da 97,2, e a 105,5 da 103,6), entrambi tornati al di sopra dei livelli dello scorso febbraio, grazie al minor rischio sanitario e al recupero della mobilità personale. Il morale è invece sceso nel settore delle costruzioni, a 158,7, ma si tratta in qualche modo di una correzione “fisiologica” dopo che l’indice ad aprile aveva toccato un massimo storico assoluto (a 160,6).

Nel settore manifatturiero, la fiducia delle imprese è scesa per il sesto mese consecutivo, a 109,3 da 109,9 di aprile: si tratta di un minimo da aprile dello scorso anno. I giudizi correnti su ordini e produzione sono diminuiti (entrambi ai minimi da circa un anno), mentre le attese sia sugli ordinativi che sull’output sono migliorate sia pur marginalmente. I giudizi sulle scorte tornati in territorio positivo, a 0,3 da -0,8 precedente (nell’ultimo anno, solo a dicembre e gennaio si erano visti livelli più elevati): potrebbe trattarsi di un segnale di (lieve) attenuazione delle difficoltà di approvigionamento delle imprese. Le aspettative delle aziende sia sull’economia che sull’occupazione sono calate moderatamente (ma le intenzioni di assunzione restano in territorio decisamente espansivo). Le attese sui prezzi di vendita sono scese a 46,9, dopo che ad aprile era stato raggiunto un massimo storico a 53,9. La fiducia delle imprese manifatturiere è migliorata nel settore dei beni di consumo, mentre è scesa tra i produttori di beni intermedi e beni strumentali.

Nell’insieme, le indagini di maggio sono state migliori del previsto. Gli effetti della guerra cominciano a pesare tangibilmente sul settore industriale, dove la fiducia delle aziende è in deterioramento ma appare lontana da un crollo; peraltro, l’industria è il settore più colpito dal nuovo shock, ma parte da livelli di attività ampiamente espansivi: oggi l’Istat ha comunicato che l’indice destagionalizzato del fatturato industriale è cresciuto del 2,4% m/m a marzo, toccando un massimo dall'inizio della serie storica (gennaio 2000); rispetto a un anno prima, il fatturato a marzo risultava in crescita di 21,4% in termini nominali, e di 6,1% al netto dell’effetto-prezzi.

In questa fase, dal lato dell’offerta, la ripresa in corso nei servizi potrebbe compensare la debolezza del manifatturiero. Dal lato della domanda, i maggiori rischi sono per i consumi delle famiglie, vista l’erosione in corso di potere d’acquisto dei consumatori: tuttavia, la ripresa della spesa in servizi, in relazione alla “normalizzazione” dei comportamenti di consumo dopo lo shock Covid, potrebbe causare uno spostamento di flussi di spesa dai beni ai servizi, con effetti ambigui sulla spesa per i consumi di contabilità nazionale, e per il PIL, nel trimestre corrente. I nostri modelli di nowcasting suggeriscono una crescita del PIL marginalmente positiva nel 2° trimestre, dopo la contrazione di -0,2% t/t vista a inizio anno (in altri termini, una “recessione tecnica” potrebbe essere evitata), anche se non si può escludere un deterioramento nelle prossime settimane. Nel complesso, i rischi sulla nostra previsione di una crescita del PIL del 3% quest’anno rimangono al ribasso, ma nelle ultime settimane sembra diminuito il rischio che venga deciso un embargo completo all’import energetico dalla Russia (soprattutto per quanto riguarda il gas), il che riduce la probabilità che si verifichi lo scenario di “worst case”.  

Commento di Paolo Mameli, senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo

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