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Rischi di spirali prezzi-salari in Eurozona?

Rischi di spirali prezzi-salari in Eurozona?

Nonostante il tasso di disoccupazione sia sceso ai minimi da almeno il 1998, nell’Eurozona il mercato del lavoro appare ben lontano da un surriscaldamento simile a quello che si riscontra negli Stati Uniti. Una delle ragioni risiede nel fatto che, durante la crisi pandemica, l’aggiustamento del mercato del lavoro è avvenuto nell’area euro principalmente sulle ore lavorate (grazie al ricorso agli schemi di riduzione di orario finanziati dai governi), mentre negli Stati Uniti si è agito primariamente sul numero degli occupati. Di conseguenza, negli USA la crisi ha creato più disoccupati, una parte dei quali ha abbandonato la forza lavoro, con il risultato di una compressione dell’offerta di lavoro e pressioni sui salari; viceversa, l’area euro, dove il tasso di partecipazione è già tornato sopra i livelli pre-pandemici, non sembra presentare un eccesso di domanda di lavoro rispetto all’offerta.

Un ulteriore elemento da monitorare per valutare le prospettive per il costo del lavoro è l’evoluzione della ricomposizione settoriale del mercato del lavoro avvenuta durante la pandemia, che potrebbe creare pressioni al rialzo sui salari in alcuni specifici comparti. Solo alcuni settori (costruzioni e information technology in Italia, ad esempio) sembrano presentare uno scenario da genuino “eccesso di domanda”; peraltro, per i comparti più colpiti dal Covid-19 (come i servizi ricettivi e di ristorazione), che hanno espulso manodopera (tipicamente precaria e stagionale) durante la fase pandemica, non si possono escludere difficoltà a recuperare i livelli occupazionali pre-pandemici, con possibili pressioni al rialzo sulle retribuzioni.

I rischi di spirali prezzi-salari generalizzate, a giudizio degli economisti di Intesa Sanpaolo, sembrano in ogni caso contenuti. In alcuni settori, le imprese dispongono ancora di buoni margini di profitto, e potrebbero essere più disponibili ad accordare aumenti, ma i progressi in termini di produttività potrebbero rendere sostenibili retribuzioni più elevate senza innescare tensioni sul costo del lavoro per unità di prodotto. Inoltre, le rivendicazioni salariali, in un’ottica di recupero di potere d’acquisto per i lavoratori, potrebbero essere contenute da diversi fattori strutturali (tra questi, la maggiore flessibilità del mercato del lavoro rispetto al passato, e la minore quota di lavoratori coperta da contratti collettivi e/o iscritta ai sindacati).

Sebbene l’attuale contesto di bassa disoccupazione ed elevata inflazione potrebbe innescare pressioni salariali, al momento, la dinamica salariale non desta preoccupazioni nell'Eurozona (a differenza che negli Stati Uniti)

La crescita dei salari nominali può accelerare in corso d’anno (per attestarsi intorno al 3,7% a/a a fine 2022), ma allo stesso tempo si ritiene poco probabile che l’accelerazione dell’inflazione possa innescare pericolosi effetti di seconda battuta.

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