{"clientID":"8f0f2457-784e-48e4-98d6-0415047ebc97","signature":"1b7d588a5acbce37f866186501ec2d14f26b16f94bbb11b0017b314f918129da","encryption":"d00eb0e03501a6b3d0ffac2db4d56565","keyID":"494d1aae-e754-42bc-1137-9a9628244ec6","user":"C1AAFC8C323DFDA567B3CD7D0E48C3DD","clientIDSh":"9e04155b-dc20-4ad8-b40b-5d4c665631f2","signatureSh":"1b7d588a5acbce37f866186501ec2d14f26b16f94bbb11b0017b314f918129da","encryptionSh":"d00eb0e03501a6b3d0ffac2db4d56565","keyIDSh":"72a8b4f5-7fbb-427b-9006-4baf6afba018","userSh":"C1AAFC8C323DFDA567B3CD7D0E48C3DD"}
Cultura

La Storia infinita tra progresso e libertà

La “Storia infinita” è un film del 1984. Probabilmente ve l’hanno fatto vedere a scuola, o l’hanno fatto vedere ai vostri figli. Cinque anni dopo, un politologo americano di nome Francis Fukuyama teorizzava la fine della Storia. La prima versione di quell’articolo – intitolato proprio “La fine della Storia” – aveva il punto interrogativo, la seconda no. Pure il film fantasy, altroché infinito, ha avuto due sequel negli Anni Novanta. La Storia, invece, si è rimessa in moto – e indietro non si torna. È questa l’attualità di un dibattito di trent’anni fa: quello sulla fine della storia, appunto.

 

La Storia infinita

La Storia infinita

06:49

Francis Fukuyama e “La fine della storia”

La tesi di Fukuyama, o perlomeno quella che gli è stata attribuita, nasceva dalla caduta del Muro di Berlino e dal crollo dell’Unione Sovietica. A quel punto, sosteneva Fukuyama, la vittoria della democrazia liberale poteva essere finalmente dichiarata. Nessuno avrebbe potuto fermare il progresso e la libertà. Era fatta. La Storia era finita. Questa idea rosea della storia è stata il collante ideologico che negli anni successivi ha convinto i giovani leader occidentali dell’ineluttabilità di un futuro democratico, globale e liberale per tutti.

“Lo scontro delle civiltà” di Samuel Huntington

Più o meno contemporaneamente, un altro professore americano decisamente più scettico, Samuel P. Huntington, ha pubblicato un altrettanto celebre saggio in risposta allo studio di Fukuyama. Il libro di Huntington si intitola “Lo scontro delle civiltà”. Come scrive il direttore di Linkiesta Christian Rocca nell’editoriale che apre il magazine in collaborazione con il New York Times, «gli eventi degli anni successivi, dall’11 settembre fino agli scontri tra autocrazie e democrazie di oggi, hanno dimostrato che Huntington aveva ragione, ma in realtà Fukuyama non aveva torto».

Democrazia liberale tra ieri e oggi

Come si spiega questo apparente controsenso?

«Samuel Huntington aveva ragione perché il suo scetticismo sulle magnifiche sorti e progressive della democrazia liberale, come avrebbe detto Leopardi, si è dimostrato più realistico rispetto all’idea che la crescita del liberalismo occidentale fosse impossibile da fermare. La democrazia liberale dopo la caduta del muro di Berlino ha vinto contro il comunismo sovietico, ma da qui a diventare l’unico modello a disposizione del mondo intero ce ne corre».

Christian Rocca, direttore di Linkiesta.

Il direttore di Linkiesta fa un esempio: «Prendiamo il mondo musulmano, l’ingenuità dei seguaci di Fukuyama è stata quella di pensare che un’idea relativamente recente anche in occidente come la democrazia potesse essere più forte della plurisecolare tradizione islamica che invece non consente distinzioni tra lo spirituale e il terreno, tra minareto e moschea, tra Stato e Chiesa, diremmo noi di tradizione cristiana e occidentale».

Al tempo stesso, però, Fukuyama non aveva torto, conclude Rocca, «perché lo scontro oggi come prima del 1989 è sempre lo stesso: da una parte le democrazie liberale, dall’altra le democrazie sovrane, le democrazie autoritarie, le dittature. Siamo ancora all’alleanza atlantica contro Mosca, con la presenza ingombrante della Cina».

{"toolbar":[]}